L’importanza dei nostri suoli

Il suolo è definito la pelle del pianeta e noi ben sappiamo che le patologie della pelle pregiudicano la qualità della vita.

La cura di malattie del suolo, nonostante la resilienza di cui il suolo è dotato richiede tempi e costi incompatibili con la prevenzione di danni ambientali più gravi. Il suolo è spesso la destinazione ultima di tossici ambientali di origine antropica per cui è necessario intervenire con processi di bonifica e risanamento a partire dalla caratterizzazione biogeochimica del suolo inquinato e dalle iniziative affinché il processo di inquinamento si arresti o venga limitato. In un progetto che ho conosciuto si parla degli agricoltori come eroi, perciò credo che in questa prospettiva il suolo possa essere definito un supereroe del sistema alimentare.

credit by Freepick 

Per millenni abbiamo beneficiato di questo mondo sotterraneo che ci ha protetto con i suoi batteri, in numero maggiore in una manciata di terra che abitanti sul nostro pianeta.  Sotto i nostri piedi miliardi di batteri ed altri organismi vivono in un sistema reticolare e complesso che autopromuove la sua crescita. I suoli sani sequestrano la CO2, filtrano l’acqua, prevengono le inondazioni, proteggono dalla siccità, nutrono le piante che poi divengono alimenti e financo ci forniscono preziose risorse farmacologiche e nutraceutiche.

Queste qualità del suolo ci obbligano a considerare prioritariamente la simbiosi fra uomo e suolo.

All’inizio degli anni 80 in questa prospettiva un agricoltore svizzero, Ernest Gotsch, poi imitato dall’inglese Ian Tolhurst, in un lembo di terra amazzonica ha ripristinato un ecosistema produttivo utilizzando un metodo poi noto come agricoltura sintropica. Senza utilizzare input esterni Gotsch ha fatto leva sui processi naturali per catturare la CO2 e liberare nutrienti. Il suo lavoro ha prodotto risultati spettacolari ed ampi appezzamenti di terra prima infertili hanno lasciato il posto a colture forestali produttive ed autosufficienti.  Nella storia di Gotsch i sistemi agroforestali svolgono un ruolo di primo piano.

Piantando alberi fertilizzanti all’interno ed attorno ai suoi terreni agricoli è stata migliorata la fertilità e la capacità di ritenzione idrica del suolo. Molte volte si leggono valutazioni sul contenuto idrico dei suoli senza riferimento alla ritenzione ed alla mobilità dell’acqua nel terreno, sole a garantire che l’acqua presente possa essere utilizzata da colture e radici. Il bando  a qualsiasi input  di origine animale è considerato un proficuo supporto come anche la vita delle erbe infestanti che agevolano la preziosa copertura del suolo. Si tratta sempre di tecniche di autorigenerazione del suolo. I suoli italiani sono affetti da seri problemi di degrado – perdita di componente organica, erosione, salinizzazione, contaminazione, compattazione – oltre al progressivo consumo particolarmente grave per l’Italia, 8,77 tonn/ettaro contro una media europea di 2,46.

Al fine di prevenire che il degrado proceda fino all’irreversibilità le reti di monitoraggio, alcune di carattere europeo, forniscono in continuazione dati fino alla segnalazione di allarmi. Una rete di monitoraggio di recente attivata in Lombardia sfrutta il principio della maglia ragionata ,secondo cui I punti di campionamento non vengono scelti a caso, ma in funzione della loro rappresentatività di situazioni e condizioni diverse.

Fra le malattie del suolo la sua stanchezza è uno dei più comuni con il risultato di monocolture intensive, allelopatie, perdita di biodiversità microbica. La stanchezza del terreno prevede la riduzione della competizione microbica nella zona radicale. Spesso si lavora per adattare il suolo alle sue colture, ma forse bisogna considerare il contrario lavorare alla pianta per adattarla al suolo. Le cause della stanchezza del suolo, in parte coincidenti con gli effetti, sono la continua monocultura, l’esaurimento e lo squilibrio dei nutrienti del suolo, l’accumulo di popolazioni di patogeni e parassiti, il rilascio da specie vegetali di composti fito-ed auto-tossici.

Un esempio noto è quello del cetriolo, una specie che trasuda acido ciclamino, un’autotossina che fa appassire la pianta e che può essere rimossa, a patto sempre di monitorarla, mediante carbone attivo, una sostanza con elevate capacità assorbenti nei confronti delle molecole organiche, inclusi inquinanti e allelopatici. Alternativamente i suoli danneggiati vengono solarizzati: su di essi si stende un film plastico prr 30-40 gg e le alte temperature che si generano nei primi strati del terreno risultano in una sua sterilizzazione. La protezione del suolo è un elemento da valutare anche nelle scelte energetiche. Sono state computate le perdite di suolo in funzione dell’energia prodotta. Il rendimento migliore è quello del nucleare con un consumo di 0,7mq/MWh contro 1,8 del gas,1,9 del fotovoltaico sui tetto,12 dell’idroelettrico,14 del fotovoltaico a terra, 24 del carbone e 25 del solare.

Articolo N.117 del 11-10-2023 | a cura di Luigi Campanella


Prof. Luigi Campanella. Si laurea in Chimica e ottiene l’Abilitazione alla professione di Chimico nel 1961. Professore Incaricato Stabilizzato, prima di “Esercitazioni di Chimica Industriale II”, poi di “Esercitazioni di Analisi Chimica Applicata, presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dal 1967 al 1980. Professore Ordinario di “Chimica Analitica” dall’a.a. 1980/81 all’a.a. 2002-2003 e di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali successivamente a tale data. Promotore e Direttore del Centro Interdipartimentale per le Scienze Applicate alla protezione dell’Ambiente e dei Beni Culturali. Attuale Coordinatore del Polo Museale de La Sapienza. È autore di oltre 500 lavori nei settori della Chimica Analitica, dell’Elettrochimica, della Chimica Ambientale, delle Biotecnologie Analitiche, della Chimica dei Beni Culturali.

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