Nei più ottimistici degli scenari proposti (non da tutti condivisi) sono previsti fino a 40 milioni di ettari destinati nel 2020 alle colture non alimentari, comprese quelle per energia.
In questa prospettiva è prevedibile che anche le colture da fibra possano avere un notevole sviluppo. Si presentano diversi aspetti favorevoli ed altri, non di poco conto ma superabili, sfavorevoli. Sono tutti noti, ma è il caso di ricordarli.

Fra i favorevoli:
a) quelli relativi all’agricoltura:

  • Opportunità di allargare gli avvicendamenti inserendo colture che si differenziano da quelle tradizionali per esigenze nutrizionali, capacità competitive verso le infestanti, durata e collocazione del ciclo, soggezione ad insetti e malattie, ecc.. Ciò in particolare negli areali in cui ripetute successioni troppo strette hanno reso e rendono più difficili il controllo delle infestanti e i problemi fitosanitari.
  • Possibilità di sfruttare regolamenti comunitari, nazionali o regionali che comportino aiuti aggiuntivi legati all’impegno di adottare itinerari tecnici più rispettosi dell’ambiente. Gli obiettivi possono essere il contenimento della lisciviazione dei nitrati, la riduzione dell’impiego di antiparassitari o diserbanti, la difesa dall’erosione, ecc.. Nel perseguire alcuni di questi obiettivi, l’introduzione di colture da fibra potrebbe giocare un ruolo di rilievo.
  • Possibilità di ripartire i rischi dovuti al clima o al mercato giostrando su un più ampio numero di colture.

b) quelli relativi agli utilizzatori:

  • Rivalutazione dei prodotti di origine vegetale, in particolare delle fibre in contrapposizione a quelle sintetiche. Ciò soprattutto per la destinazione tessile nell’ambito della quale si inserisce prepotentemente il fattore moda, con eccezionali effetti moltiplicativi del valore aggiunto nel corso dei successivi passaggi. Anche il settore dell’arredo sembra seguire il trend di quello del vestiario, aprendo una nuova destinazione d’uso finora praticamente sconosciuta.
  • Le nuove conoscenze tecniche che ora permettono un più vantaggioso impiego di fibre naturali in sostituzione o in miscela con quelle sintetiche. È il caso dei biocomposti e dei tessuti non tessuti che hanno, e avranno, un mercato in espansione con una vasta gamma di destinazioni d’uso. Di conseguenza, si ritiene che, nel settore delle fibre, così come in quello degli oli, sia elevatissima la potenzialità di sostituzione di materie prime derivate dalla petrolchimica con altre rinnovabili di origine vegetale (Askew, 2003).
  • La richiesta e la produzione di paste di cellulosa derivate da fibre non legnose sembrano in aumento a livello mondiale, tanto che nel 2010 potrebbero raggiungere o superare il 15% contro il 7% del 1995 e l’11% del 1999 (Van Dam, 1999); ciò su un totale stimato di 480 milioni di tonnellate, contro le 270 del 1999. L’incremento sarà favorito dalla necessità di limitare il taglio di foreste e dalla possibilità di usare le promettenti tecnologie che si stanno rendendo disponibili.
  • Lo sviluppo di nuove destinazioni (suggestive per la possibilità di catturare l’interesse del consumatore e dei mass media) quali la bioedilizia e l’industria automobilistica.
  • La prospettiva di altre destinazioni minori, quali substrato per le colture dei funghi, lettiera per allevamenti  soprattutto di cavalli, pacciamatura per colture ortive, protezione antierosiva delle scarpate, ecc.
  • La possibilità di impiegare, quali coprodotti, componenti minori derivate da  alcune piante da fibre nei settori della cosmetica, della medicina e della chimica fine, aumentando così la redditività delle colture.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.