Introduzione ai biocombustibili
Estratto dalla relazione finale del progetto ACTIVA promosso e cofinanziato da ARSIA Toscana e coordinato da Legambiente. A cura di Enrico Bonari e Maria Assunta Galli SSSUP

L’analisi delle effettive possibilità di attivare nelle aziende agrarie della Toscana la produzione di biomassa a destinazione energetica (energia termica e/o elettrica) da colture agrarie “dedicate” non può che prendere lo spunto da alcuni “elementi” di novità che sembrano sempre più caratterizzare l’agricoltura degli ultimi anni, nel nostro Paese come in tutta l’U.E..

Da un lato, il nostro mondo agricolo è sempre più chiamato ad abbandonare la produzione di derrate scarsamente “qualificate” o “competitive”, a vantaggio – tra l’altro – di una sempre maggiore valorizzazione degli usi “non alimentari” delle produzioni agricole nel quadro di un ruolo “multifunzionale” dell’agricoltura.

A questo proposito appare ormai  evidente come l’U.E. non intenda più continuare a sovvenzionare una agricoltura “convenzionale” e auspichi invece una adeguata revisione degli attuali sistemi (sia come processo che come prodotto) verso una maggiore e “più attiva” compatibilità ambientale dell’intero sistema produttivo agricolo, oltre che verso una maggiore sostenibilità economica del settore nel suo complesso. D’altro canto, il crescente bisogno di energia delle nostre società (possibilmente prodotta attraverso processi a basso impatto ambientale) e la contemporanea necessità di ridurre progressivamente le emissioni di gas-serra – ed in particolare della CO2 – suggeriscono un sempre maggiore ricorso alle fonti rinnovabili di energia e, fra queste, anche alle biomasse agroforestali ed agroindustriali.

In questo contesto, in cui è a nostro avviso possibile intravedere anche l’opportunità di offrire ai nostri imprenditori agricoli ulteriori alternative alle produzioni mercantili tradizionali, è apparso del tutto logico chiedersi se vi fosse a livello regionale un possibile “spazio” per l’allestimento di una nuova specifica “filiera bioenergetica” basata – almeno parzialmente – anche sulla coltivazione di specie agrarie esclusivamente “dedicate” alla produzione di biomasse a destinazione energetica, da affiancare, evidentemente, alla più consolidata filiera della produzione di energia (soprattutto termica) dalle diverse biomasse di origine prevalentemente forestale.

In verità, questa impostazione complessiva del problema, compresi i risvolti di carattere agroambientale che essa implica, era stata già recepita nel 1999, dal PNERB (Programma Nazionale per la valorizzazione delle Biomassa Agroforestali), i cui obiettivi fondamentali (tanto ambiziosi quanto condivisibili) sono individuabili, appunto, nella volontà di difendere l’ambiente e di ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese nel modo più economico possibile, nel ricercare adeguate ricadute positive sullo sviluppo agricolo e sull’incremento dell’occupazione interna e, infine, nel contribuire alla difesa del territorio agroforestale nel suo complesso.

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